Che difficoltà si incontrano quando si ha una bimba speciale? Lo chiediamo a Veronica, mamma di Giorgia.
Ciao Veronica, ci racconti qualcosa di te?
Ciao a tutti! Mi chiamo Veronica, ho 30 anni e lavoro come impiegata. Sono una mamma e mi piace definirmi una MAMMA CHIOCCIA perché sono iperprotettiva verso mia figlia, ma ne ho anche tutti i diritti!! Crescere una bambina con disabilità non è certo una cosa facile, si sbaglia come tutte le altre mamme e purtroppo certi errori si pagano sulla loro pelle.Sono una mamma che deve ancora imparare tanto e sono sicura che Giorgia mi insegnerà ogni giorno ad essere una madre migliore. Chi meglio dei nostri figli ci può insegnare ciò che è più giusto per loro? Basta saperli ascoltare.
La gravidanza in realtà è trascorsa molto bene, almeno per i primi 6 mesi, poi dopo sono stata a riposo per delle contrazioni, ma niente di preoccupante. Avevo fatto l’Amniocentesi solo per scrupolo e non era uscito niente, dalle ecografie tutto andava bene. Poi Giorgia è nata ed era perfetta, apparentemente stava bene.
La pediatra non si è mai allarmata perché era una bambina buona e tranquilla, sorrideva sempre a tutti.
Abbiamo iniziato la psicomotricità alla ASL quando aveva 11 mesi (sicuramente non grazie alla pediatra) e Giorgia stava imparando qualcosina… poi esattamente la settimana del suo primo compleanno sono comparse le prime crisi epilettiche.
Mia figlia era malata, di cosa non si sapeva, molto probabilmente di una malattia genetica o metabolica, oppure entrambe le cose. Ma di sicuro non sarebbe mai stata come gli altri bambini.
Giorgia adesso ha 2 anni e mezzo ma si comporta come una bimba di pochi mesi. È vero, sta facendo dei progressi ma non posso immaginare cosa ci porterà il futuro! Non parla, non cammina, non indica, non sta ancora in piedi. Da poco ha iniziato a manifestare alcuni bisogni, ma ancora non gioca come dovrebbe, mette sempre tutto in bocca.
Giorgia però non ha ancora una diagnosi. Tutti gli esami genetici arrivati fino ad ora sono negativi quindi per adesso la sua malattia non ha un nome e siamo consapevoli che questo nome potrebbe anche non arrivare mai.
Ci tengo ad aggiungere un’altra cosa, il nome che abbiamo dato alla pagina è stato molto discusso in famiglia perché non è facile trovare un nome giusto che faccia capire di cosa si sta parlando.
Ma poi abbiamo deciso di chiamarla sempliecemente con il suo nome, il mio babbo ha sempre chiamato Giorgia “Piccola G”, per noi in casa Giorgia è “Piccola G” e quindi perché no? abbiamo deciso di chiamare la pagina “Nel Mondo di Piccola G”.
Che difficoltà trovate nel curare Giorgia?
La difficoltà più grande sta nel trovare le persone giuste su cui poter fare affidamento.
Come si dice? Sbagliando si impara. Certe scelte prese un anno fa, non le rifarei per esempio.
Abbiamo scoperto questa terapia molto speciale, una psicomotricità in acqua calda, si chiama Aquananda e Giorgia sta facendo dei progressi importanti anche grazie a quella.
Se potessi parlare con qualcuno che muove le fila della Sanità, cosa diresti?
Che non danno niente alle nostre famiglie, solo le briciole. Dobbiamo lottare per ottenere qualsiasi cosa, specialmente a causa della burocrazia, poi quando finalmente l’abbiamo ottenuta, è già arrivata la scadenza e bisogna ripartire da zero. In questo momento stiamo cercando di ottenere l’indennità di accompagnamento.
Si è vero abbiamo degli aiuti ma non sono sufficienti. Se si pensa che ci sono anche situazioni peggiori della nostra.
La maggior parte delle famiglie che ho conosciuto non è più seguita dal SSN. Sono state “abbandonate” e costrette ad intraprendere un percorso privato a proprie spese.
Da parte mia posso dire di aver ascoltato (e anche parlato) fin troppo e di aver perso del tempo importante che nessuno ci ridarà più. Forse anche per colpa del fatto che mi ero persa per strada, cercavo risposte che nessuno poteva darmi. Cercavo di dare un nome alla malattia di Giorgia ma non era quella la cosa importante.
Ci sono stati molti momenti in cui credevo di non farcela e non posso promettere che starò sempre bene, ma sono riuscita a trovare la forza dentro di me grazie alla mia famiglia ma anche grazie a tante persone che ho avuto modo di conoscere. Ascoltare le storie degli altri, trovare altre persone che parlano l
a mia stessa lingua, che mi capiscono perché ci sono già passati, questo mi ha fatto crescere, mi ha dato una speranza.
Quindi vorrei dire a tutte quelle mamme e ai papà che ci stanno leggendo di non dare mai niente per scontato.
Riflettiamo su ciò che abbiamo.