Scuola e musica: un rapporto difficile.

Per Franz, coprotagonista del romanzo L’insostenibile leggerezza dell’essere di Milan Kundera, la musica è “l’arte che più si avvicina alla bellezza dionisiaca intesa

come ebbrezza. Un uomo non può essere ebbro di un romanzo o di un quadro, ma può ubriacarsi della Nona di Beethoven, della Sonata per due pianoforti e percussione di Bartók o di una canzone dei Beatles”. Meno noto è che l’amore smisurato per la musica di Kundera fu alimentato dal padre, appassionato pianista e primo direttore dell’Accademia musicale di Brno (JAMU), in Repubblica Ceca.

Prendo spunto da questa considerazione, oltre che per un omaggio a Kundera recentemente scomparso (11 luglio 2023), per aprire ad una riflessione: alla musica occorre essere educati fin da bambini, bisogna nutrirla, alimentarla perché la musica è arte, bellezza, creatività. La scuola, da questo punto di vista, deve fare, a mio avviso, un salto di qualità.

La musica è un linguaggio che accomuna, che pone tutti sullo stesso piano, che non fa distinzione tra discalculici, dislessici, disgrafici, iperattivi (etichette che non amo perché molto spesso divisive e non inclusive), ma anzi insegna la gestione dell’emotività e dei sentimenti, offre categorie per comprendere la sensibilità, innesca piccoli cortocircuiti emotivi che spingono ad approfondire la conoscenza di sé e delle proprie passioni. Pensate all’aria Casta diva di Bellini, ad un notturno di Chopin, alle sinfonie di Beethoven: toccano direttamente le corde del cuore, arrivano senza intermediari e senza filtri.

I ragazzi amano la musica e vivono di quella che fruiscono e conoscono, ma è la scuola che deve fare la differenza: deve offrire quelle competenze di base, stimolare la curiosità che porta alla comprensione e alla passione anche per la musica classica.

E lo deve fare in maniera divertente, stimolante, appassionante. Spesso, invece, l’approccio alla musica è noioso: si parte dalle regole, dalle norme, dalla lettura delle note con lezioni teoriche infinite. L’ascolto è secondario, la pratica poca e con strumenti più vicini a giocattoli che a quelli veri.

Una nazione che ha segnato la nascita del melodramma, che ha donato l’opera lirica al mondo, che si gloria di poter sentire la propria lingua nei teatri del globo, fatica a trovare un rinnovamento nella metodologia dell’insegnamento di quest’arte raffinata.

Ci sono piattaforme in internet che permettono di comporre musica, anche senza conoscere le note, che avvicinano allo studio della polifonia strumentale, che

consentono una creatività infinita che parla il linguaggio dei nostri ragazzi.

Mi è capitato di conoscere studenti americani di 11 o 12 anni che dopo aver ricevuto a scuola le prime nozioni di armonia, polifonia, elementi orchestrali, tonalità maggiori e minori ed aver imparato a usare divertenti piattaforme online per scrivere musica, si dilettano a comporre brani che poi provavano a riprodurre con i loro strumenti, seguendo tutorial online, scambiandosi informazioni, approfondendo la materia di pomeriggio con il docente. In Germania, le domeniche d’estate, sono frequenti nei chiostri concertini sinfonici tenuti da giovanissimi che attirano turisti e appassionati. In Italia, invece, gli studenti non sono attratti da questo mondo che vedono vetusto, inaccessibile, legato ad un nozionismo di base eccessivo e poco stimolante. Le scuole secondarie di primo grado con sezione musicale e i licei coreutici cercano di reclutare appassionati e ragazzini volenterosi, ma costituiscono realtà poco diffuse e spesso per giovani che già in qualche modo si sono avvicinati alla musica perché spinti dalle famiglie. Nei licei classici, scientifici, artistici, negli istituti tecnici (declinati nei vari indirizzi), manca completamente un’educazione musicale.

Sogno veramente che in ogni scuola possa essere presente un docente appassionato di musica e che questo docente possa garantire un’offerta formativa accogliente e inclusiva per tanti ragazzi creativi, artistici, sensibili che vedano nella musica la loro forma di espressione primaria, al pari dell’italiano, della matematica, della chimica, della fisica. Sogno ragazzi che, per ogni ordine e grado di scuola, si ritrovino in ambienti attrezzati per parlare di musica e ‘fare musica’, a modo loro, con la loro fantasia, la loro intuizione, la loro voglia di stare insieme e condividere esperienze, ridere e scherzare.

Trascurando l’insegnamento della musica nelle scuole non abbiamo dato più ore alle altre materie, arricchendo il bagaglio culturale degli studenti, abbiamo spento la creatività e l’intelligenza musicale di tantissimi giovani che in quella forma d’arte avrebbero potuto trovare la possibilità di realizzarsi come persone e come professionisti nel futuro.

Flavia Carderi

Flavia Carderi, di Roma e attualmente residente a New York, unisce la passione per l'insegnamento all'attività letteraria, mantenendo uno sguardo attento e appassionato sulla vita e sul mondo.

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