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Vitamina D: carenze nel 40-75% della popolazione

La vitamina D è una vitamina liposolubile come la A, la E e la K.

Il termine vitamina D è alquanto generico perchè indica un gruppo di 5 diverse vitamine (vitamine D1, D2, D3, D4 e D5). Di queste cinque forme, sono due quelle che vengono considerate più importanti: la vitamina D2 (ergocalciferolo) e la vitamina D3 (colecalciferolo). Nutrizionalmente parlando, la vitamina D2 e la D3 sono considerate del tutto equivalenti; la sintesi della D2 avviene grazie all’esposizione alla luce ultravioletta di una sostanza presente nelle piante e nei lieviti, l’ergosterolo. La sintesi della D3 avviene invece in seguito all’esposizione alla luce ultravioletta del 7-deidrocolesterolo, un precursore del colesterolo che viene sintetizzato a livello dell’epidermide e che è presente anche nel latte di molti mammiferi. La vitamina D è essenziale per una corretta mineralizzazione delle ossa e dei denti. È indispensabile per la crescita e il rimodellamento osseo. Interviene nella regolazione del metabolismo del calcio e del fosforo, ne regola l’assorbimento intestinale.

Una grave carenza di vitamina D può causare rachitismo nei bambini (lo scheletro non si sviluppa in modo corretto in quanto il tessuto osseo non è correttamente mineralizzato) e osteomalacia negli adulti (dolori alle ossa e ai muscoli, debolezza muscolare, fragilità delle ossa).

Se non abbiamo abbastanza vitamina D, rischiamo ipertensione, diabete, patologie autoimmuni e perfino alcune forme di tumore.

Questa sostanza è molto più di una semplice vitamina: piuttosto, può essere definita un “para-ormone”, dal momento che permette il corretto funzionamento di circa tremila geni. Nel mondo occidentale, tra il 40 e il 75 per cento delle persone ne è carente, con punte preoccupanti fra le donne in menopausa, gli anziani e perfino i giovanissimi. Per prevenire la carenza di vitamina D è necessario:

METTERSI AL SOLE

La vita moderna, tuttavia, si svolge sempre meno all’aria aperta e questo spiega come mai molte persone abbiano un deficit di vitamina D. La luce solare è la principale fonte di vitamina D, fa sì che il 7-deidrocolesterolo, naturalmente presente nell’organismo, si trasformi in colecalciferolo, cioè la vitamina D3. Non c’è bisogno di strafare basterebbero circa 30 minuti al giorno in pieno sole per assicurarsi tutti i benefici, evitando le ore più calde della giornata soprattutto nei mesi estivi.

 

SEGUIRE UNA DIETA RICCA DI VITAMINA D

La vitamina D non è presente in grandi quantità nei cibi, ma vale comunque la pena privilegiare alcuni alimenti. Tra i più ricchi c’è il pesce e, in particolare, il salmone, lo sgombro, il tonno e le sardine, oltre al ben noto olio di fegato di merluzzo.

Poi, anche se in quantità minori, la vitamina D è presente nei latticini e nel tuorlo d’uovo. È importante, inoltre, consumare un quantitativo adeguato di grassi: una dieta fortemente ipolipidica inibisce l’assorbimento della vitamina D, così come quello delle altre vitamine liposolubili.

 

Per quanto riguarda il fabbisogno, i livelli di assunzione cambiano a seconda delle età e delle varie condizioni. In un adulto sano che non è costretto a rimanere all’interno dell’abitazione, è sufficiente la normale esposizione alla luce solare e non vi è bisogno di integrazioni dietetiche. Il corretto apporto in tali soggetti è considerato 10 µg/die.

Nei bambini di età compresa fra uno e tre anni, nel caso venga a mancare una sufficiente esposizione alla luce solare, viene consigliato un apporto di vitamina D non inferiore a 10 µg/die.

La richiesta di vitamina D è più elevata nei bambini di età superiore ai 3 anni e negli adolescenti; tale richiesta non necessita però di integrazione dietetica nel caso l’esposizione alla luce del sole sia adeguata; in caso contrario viene consigliata un’assunzione tra i 10 e i 15 µg/die.

Le donne in stato di gravidanza o che allattano si trovano in una condizione di aumentato fabbisogno e vi sono molti studi che hanno dimostrato che, per evitare una carenza, è opportuno un apporto di 10 µg/die. Stesso apporto anche per le persone anziane, considerate soggetti a rischio di carenza sia per motivi fisiologici (con l’invecchiamento diminuisce la capacità di sintesi endogena) sia perché, generalmente, diminuisce il tempo di esposizione alla luce solare.

Arianna Mariani

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